Il canone per la fornitura di acqua potabile costituisce il prezzo di una prestazione continuativa di cose nell'ambito di un contratto di somministrazione di diritto privato di cui agli articoli 1559 e seguenti del Codice civile, che, in quanto tale, ha natura di corrispettivo direttamente correlato alla prestazione ricevuta e al valore della stessa (Corte costituzionale sentenza 19 luglio 1996, n. 259; Consiglio di Stato sezione V, I aprile 1996, n. 325; Tar Piemonte, sezione II 19 novembre 1992, n. 361), con la conseguenza che una decisione comunale che imponga il pagamento di un prezzo forfettario e fisso per la fornitura di acqua risulta illegittima poiché prescinde completamente dal dato obiettivo del consumo, presupposto del pagamento. Con riferimento alla fatturazione dei consumi, si rileva che ai sensi dell'articolo 4, quinto comma, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, l'erogazione di acqua è considerata ai fini Iva attività commerciale anche se esercitata da enti pubblici, con conseguente necessità di procedere alla fatturazione dei consumi, all'applicazione del controvalore dei medesimi dell'Iva, nonché ad altre conseguenze formali e sostanziali derivanti dall'inserimento della somministrazione di acqua tra le operazioni imponibili.