Santuario San Michele

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Descrizione

Percorrendo la strada che dai Monasteri di Subiaco si giunge a Jenne, subito appena usciti dall'ultima galleria, si scorge da lontano un Chiesetta arroccata in cima ad un monte, da tutti chiamata sant'Angelo. Costruita probabilmente nel XII secolo, essa si erge in località suggestiva vicino al centro abitato di Jenne. Sulla sua facciata, realizzata interamente in pietrame non regolare, si apre una porticina sovrastata da un architrave formato da tre pietre regolari, incompleto perché mancante della pietra centrale o concio chiave. La copertura a calotta o botte, di forma rotondeggiante, crollata, lascia solo in evidenza la struttura lignea; sulla facciata posteriore si accenna la forma di un abside sul quale di apre una finestrella stretta ed alta. Ridotta ad un rudere, adibito non da ultimo anche a stalla e a tutto ciò che poteva essere utile nella piana e nell'adiacente aia. Tutto questo fino all'11 Agosto 2002, (giorno in cui veniva dedicata e riaperta al culto). Il maestro Giovan Domenico Fratticci, nel suo già citato libro, sulla località denominata Frassetta: “è uno dei pochi pianori lavorativi di Jenne. E’ una zona pianeggiante di vari ettari e nascosta alla vista; a chi sale appare quasi improvvisamente a forma di sella. Ad ovest della piana di Frassetta campeggia una piccola chiesetta da tempo sconsacrata: Sant'Angelo. Si vuole che la chiesetta fosse in epoche remote custodita da frati; sette dei quali furono trucidati dai briganti o perché briganti essi stessi. L'eccidio dei sette frati avrebbe dato origine alla denominazione della piana: Frassetta ossia Frati sette. La chiesetta rurale, agli atti in archivio «sub vocabulo Sancti Angeli» (chiamata S. Angelo), appena di recente ristrutturata, è stata riaperta al culto (settembre 2002) con il nome di San Michele Arcangelo, non più storico ma biblicamente più significativo. Non a caso nelle leggende del luogo, si fanno carico ai briganti i fatti e i misfatti di incerta origine. I monti di Jenne con quelli della vicina Vallepietra, segnavano i confini dello Stato Pontificio, per cui il travaso del brigantaggio dalle terre originarie del sud e dell'est era non solo possibile, ma molto probabile. Gli alberi di faggio d'alto fusto, poi, si prestavano a nascondere i valichi montani ed a facilitare le calate improvvise. Le scorribande di questi strani individui spesso lasciavano segni, che finivano poi in leggende".

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Area Amministrativa

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Prete

Don Gaetano Maria Saccà

Pagina aggiornata il 26/03/2024